L’olio nuovo è da qualche settimana disponibile nei supermercati, nei punti vendita dei produttori locali, sulle tavole degli italiani. A causa di condizioni climatiche sfavorevoli, la produzione è in calo rispetto alla media dell’ultimo decennio (-11%), leggermente in ripresa rispetto ad un 2016 che è stata l’annata peggiore in assoluto. In totale, la produzione Made in Italy si attesta su circa 320 milioni di chili di olio.
Inverno rigido, gelate primaverili e siccità estiva hanno messo in ginocchio molte aziende agricole e la quantità di merce destinata ai frantoi non poteva che esserne condizionata. Quello che emerge da un’indagine della Coldiretti è che, nonostante le scarse quantità, la qualità resta elevata, tale da mantenere il primato europeo tra gli extravergini a denominazione di origine e indicazione geografica protetta.
In Campania, l’Irpinia e il Sannio risultano le aree più sofferenti, dove la rigidità invernale ha creato i danni maggiori. Il clima secco sembra, però, aver favorito la maturazione di olive sane, indenni da agenti patogeni. Inoltre, le piante più colpite dalle condizioni climatiche sfavorevoli sembrano essere quelle di varietà importate. Resistono di più le varietà autoctone: una conferma del fatto che puntare alla standardizzazione delle produzioni agricole è un errore grossolano, che crea prodotti di scarsa qualità e impoverisce la biodiversità.
Tra le principale varietà autoctone campane riconosciute di alta qualità dalle associazioni dei coltivatori, spicca la Sessana, che contraddistingue una delle nostre etichette. Mantiene un alto livello qualitativo anche il marchio “Terre Aurunche”, tra i cinque prodotti Dop riconosciuti in Campania (gli altri sono Cilento, Colline Salernitane, Irpinia Colline dell’Ufita, Penisola Sorrentina).
Poco ma buono, quindi. E di qualità elevata.
La produzione mondiale
Il primo produttore mondiale resta la Spagna, in calo rispetto al 2016 (1,15 miliardi di chili, -10%). Segue l’Italia con i suoi 320 milioni di chili e la qualità europea più alta. Subito dopo arrivano i 300 milioni di chili della Grecia. A livello mondiale, la produzione registra un incremento del 12% rispetto al 2016. Questo perché ci sono Paesi come la Tunisia dove la produzione è aumentata di oltre il 100% rispetto all’anno precedente: un aumento di prodotto che, come è stato più volte sottolineato da autorevoli ricerche, riduce drasticamente non solo la qualità, ma addirittura la sicurezza alimentare di molti extravergini.
Attenzione alle etichette!
I possibili rischi per la salute degli individui che utilizzano oli contraffatti sono stati più volte elencati negli articoli di questo sito. È quello che accade quando ci fidiamo di etichette non garantite o scegliamo prodotti che si spacciano per italiani ma sono in realtà miscele di oli provenienti dall’estero. Sulle etichette dei prodotti sono obbligatorie le indicazioni “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari”, “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”. Si tratta di indicazioni riportate, però, in caratteri talmente piccoli da renderle spesso illeggibili.
Ancora peggio accade nei ristoranti: molti di essi forniscono oliere che non rispettano l’obbligo del tappo antirabbocco e la trasparenza sulla provenienza dell’olio. Da queste pagine continuiamo a consigliare la lettura attenta delle etichette, oltre all’acquisto dei soli prodotti che garantiscono la produzione italiana al 100%.
I dati sono forniti dalla Coldiretti sulla base delle stime dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e del COI (Consiglio Oleico Internazionale).